Il mondo delle saghe famigliari




Le saghe famigliari sono un genere letterario in ambedue modi o apprezzato, fino all'appassionato collezionismo, o detestato : in quest'ultimo caso, il lettore non si attarderà mai più a leggerne altri ancora.
Possono avere cicli lunghi o brevi, ma ciò che da a noia sono le lungaggini o gli sfondi storici troppo dettagliati o la moltitudine di personaggi di cui a volte non riusciamo a ricordarne il nome e il ruolo.
Ma chi ne rimane colpito sa che non sta impiegando il suo tempo, solamente, in una piacevole lettura.
Perché dietro una grande vicenda famigliare, con i suoi intrecci, personaggi, drammi, che sia ispirata da una cronaca remota o inventata, c'è la nostra storia.
Cambiamenti sociali, politici, il cammino delle donne verso l'indipendenza, l'alternanza al potere dei vari ceti, guerre, tradizioni e culture cadute in disuso, e ancora più in alto la nostra umanità, con le sue passioni e crudeltà, sempre le stesse, anche in mondo che va comunque avanti, progredisce, e quello che abbiamo conquistato è tanto e ancora poco.
Una saga famigliare può ricordarci che nel passato ci sono stati uomini e donne che avrebbero potuto vivere queste vite descritte.

Le saghe famigliari nella letteratura sono moltissime, quindi sarebbe stato impossibile citarle tutte; ho dovuto eseguire una selezione seguendo unicamente quelle che ho letto o quelle che vorrei leggere in futuro.


Se dovessi accostare a Shakespeare una figura femminile, questa sarebbe Emily Brontë (1818-1848). Come lo scrittore di Stratford irruppe nel modo di far letteratura, anche la seconda delle sorelle Brontë scrisse un capolavoro letterario unico ed isolato nella tradizione inglese.
La ragazza dai lunghi capelli spettinati dai venti della brughiera che voleva celare la sua identità ai posteri, scrisse una saga famigliare che nell'era vittoriana non venne capita, o non volle essere capita.
Nel suo romanzo non c'era la buona borghesia inglese, l'amore consueto fra due individui né il mondo ottocentesco con il suo perbenismo, ma tutta la passione, la crudeltà dell'animo umano, che agli occhi della società contemporanea risultò quasi offensiva e greve.

Emily Brontë

Pubblicato un anno prima della sua morte, nel 1847, "Cime Tempestose" racchiude la storia di due famiglie nell'ambiente solitario e misterioso della brughiera dello Yorkshire : gli Earnshaw che vivono in una fattoria sul colle e i Linton in una ricca dimora nella valle. I  due nuclei famigliari intrecciano motivi di odio, gelosia, matrimoni, vendette, in complesse vicende personali nell'arco di quarantacinque anni. Heathcliff personaggio chiave e catalizzatore del libro, domina sulle due famiglie con il suo animo oscuro; ma più che lui sembra la natura dell'inevitabilità e la forza autodistruttiva della passione ad agire sui personaggi, salvo poi purificarsi con l'ultima generazione.

"Indugiai là attorno, sotto il benevolo cielo;osservai le falene palpitanti in mezzo all'erica e alle campanule; ascoltai la brezza lieve frusciare tra l'erba, come un sospiro; e mi domandai chi mai potesse immaginare irrequieto il sonno di coloro che riposavano sotto la terra silenziosa." ("Cime Tempestose")


Quando si pensa ad una classica storia famigliare inglese, molti sembrano indicare la "Saga dei Forsyte"; serie di romanzi celeberrimi, ma che oggi, più che essere letti, rimangono fra la polvere e le ragnatele negli scaffali dimenticati delle varie biblioteche. Anche il suo autore, John Galsworthy (1867-1933), avrebbe potuto fare la stessa fine della sua creazione, se, non avesse vinto nel 1932 il Premio Nobel per la Letteratura.
Ma la "saga dei Forsyte" sembra ancora affascinare generazioni di uomini e donne, inconsapevoli che l'ispirazione di almeno la metà degli sceneggiati di costume, siano dovuti ad esso.
John Galsworthy pubblicò il romanzo (una trilogia), fra il 1906 e il 1921, in epoca edoardiana dunque, eppure lo sfondo è tutto vittoriano.
Il libro narra la nascita e il declino dei Forsyte, famiglia dell'alta borghesia londinese del XX secolo, attraverso tre generazioni, il cui personaggio principale Soames Forsyte racchiude tutti i valori e le convenzioni del tipico uomo vittoriano : il denaro, l'interesse e il "senso di proprietà", motori propulsivi del trionfo di un mondo borghese diviso tra apparenza e degenerazione, tra reazionarismo e progresso. Il miglior ritratto di un'epoca in agonia.


La popolarità delle saghe famigliari è stata riscoperta, oggi, anche dal grande successo della famosa "Saga dei Cazalet" della scrittrice Elizabeth Jane Howard (1923-2014).
Proveniente da una ricca famiglia londinese e dopo una tumultuosa vita, Elizabeth Jane Howard si diede alla scrittura, pubblicando nella seconda metà del Novecento la sua più famosa opera "The Cazalet Chronicle", un'affresco limpido e dettagliato sulle sorti di una simbolica famiglia borghese in Inghilterra, dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fino agli inizi degli anni Cinquanta.
Pur avendo un preciso sfondo storico, non è il macrocosmo ad interessare la scrittrice inglese, bensì il microcosmo fatto di piccole intimità che caratterizzano i personaggi della famiglia.

Prendendo spunti da dati autobiografici, la Howard inizia una lunga analisi (nei cinque volumi che compongono la saga), dei fattori sociali ed umani che cambiarono un'Inghilterra appena uscita dall'ingombrante età vittoriana, oltre a fornire un'evoluzione del ruolo femminile attraverso i punti determinanti nella vita delle donne, quali l'amore e il matrimonio, mettendone a nudo tutte le ambiguità e le maschere.


Le saghe famigliari non raccontano solamente le vicende di un'epoca o di una nazione, possono descrivere, e perché no, anche denunciare i malesseri di una società che sono gli stessi in ogni tempo.
Questo è il caso del "Ciclo dei Rougon-Macquart, storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero" dello scrittore e critico parigino Émile Zola (1840-1902).
Congiungendo le leggi dell'ereditarietà a quelle del determinismo, Zola compose questa grande opera (che doveva rifarsi alla "Comédie Humaine" di Balzac), in venti lunghi volumi pubblicati dal 1871 al 1893, dove due famiglie di umili origini, imparentate fra loro, i Rougon e i Macquart subiscono i risvolti storici che vanno dall'ascesa la trono di Napoleone III alla sua deposizione con la disfatta di Sedan nel 1870. Sono personaggi di cui molti entrati nella popolarità, tutti dipendenti da tare ereditarie e smodate ambizioni nella capitale della Belle Epoque, rinnovata urbanisticamente dal barone Haussmann, e al contempo corrotta e perversa nelle sfere alte della società come nelle basse.
Proprio come un Giovenale, lo scrittore francese incrimina il passato per contestare tutti gli orrori e le ingiustizie della Terza Repubblica.
Sono ritratti magnifici di un profondo studio della vita privata : dalla prostituzione in "Nana", alla nascita dei grandi centri commerciali de "Il Paradiso delle Signore", alla condizione dei minatori in "Germinal".


Una delle più commuoventi letture di questo inizio d'anno, è stata la saga famigliare narrata nei "I Doni della Vita" della sfortunata scrittrice Irène Némirovsky.
Considerata una "sorta di antefatto" all'opera più celebre "Suite Francese", il romanzo fu pubblicato postumo solamente nel 1947. Scritto negli anni bui di una Francia occupata dal Nazismo e con il costante pericolo di essere catturata, questo presenta la storia di una famiglia provinciale francese nell'arco di anni che vanno dal 1900 al 1940.
Gli Hardelot , imprenditori cartari, vedono all'inizio crollare il proprio solido mondo, reazionario e borghese, da un amore che il giovane Pierre Hardelot prova per la povera Agnes e poi arrendersi prima alla modernità e all'euforia di una società più libera e aperta e di seguito piegarsi agli orrori di un secondo conflitto.
L'odio per la guerra e l'amore per la Francia sono il fulcro di questo libro ancora così ricco di speranza e bellezza, forse le ultime.

"Nonostante le apparenze, questo è l'importante. La guerra passerà, noi passeremo, ma ci saranno sempre questi semplici e innocenti piaceri : la freschezza, il sole, una mela rossa, il fuoco acceso d'inverno, una donna, dei bambini, la vita di ogni giorno... Il fragore, il frastuono delle guerre finiranno per spegnersi. Il resto rimane... Per me o per qualcun altro?" ("I Doni della Vita")



La saga famigliare per eccellenza, quella a cui tutti i più grandi scrittori si sono ispirati e che a distanza di un secolo continua ad affascinare sempre, è quella dei "Buddenbrook, decadenza di una famiglia" dell'autore tedesco Thomas Mann (1875-1955).
Pubblicata nel 1901, essa rappresenta una svolta nella letteratura mondiale, per la ricchezza narrativa, delle mirabili descrizioni e per l'indagine psicologica con cui Mann ritrae il crollo del mondo borghese, della sua ricchezze, del suo finto eroismo. Questo attraverso la grande epopea della famiglia Buddenbrook di Lubecca, commercianti di granaglie che vedono raggiungere l'acume della loro prosperità, per poi guardarne il lento tramonto materiale e fisico.
Personaggi di grande levatura dove l'autore delinea per ognuno debolezze e ostinazioni, contrasti tra apparenze e passioni di una famiglia votata al suo disfacimento, a cui è impossibile entrare nell'era moderna.

Thomas Mann

Di tutt'altro stile narrativo e tematico, ma di uguale valore letterario è "La Famiglia Karnowski" dello scrittore polacco in in lingua yiddish Israel Joshua Singer (1893-1944), pubblicata nel 1943, un anno prima della sua improvvisa dipartita,negli Stati Uniti e nel pieno conflitto della Seconda Guerra Mondiale.
Il lungo romanzo copre un'arco di tempo che va dagli inizi del XX secolo fino alla sua prima metà, unendo dati autobiografici ad eventi storici, dove il punto focale non si trova più nel tratto psicologico ma nel lato umano e spirituale.
I Karnowski, famiglia di commercianti ebrei della provincia galiziana, si trasferiscono nella moderna Berlino, dove riescono a farsi strada negli affari diventando rinomati e ricercati.
Ma all'avvento del Nuovo Ordine (il Nazismo), perdono tutti i beni accumulati. Partono per l'America in cerca di una possibile vita migliore, ma l'ambiente  comunque non è esente da contraddizioni e pregiudizi. Con un magnifico spostamento dalla tradizionale letteratura americana a quella moderna americana, Singer mostra "l'esistenza umana con tutto il dolore e la dolcezza che essa possa contenere", con le mirabili figure di David, Georg e Jegor ricche di enorme significato simbolico che è un peccato non conoscere.

"Gli uomini eruditi saranno sempre odiati per le loro idee e la loro saggezza. Socrate fu costretto a bere la cicuta. Rabbi Akiva fu martirizzato. Eppure ciò che ci è rimasto non è la plebaglia, ma gli insegnamenti di Socrate e Rabbi Akiva. Perché non si può annientare lo spirito, come non si può annientare la Divinità..."


L'amore per la propria nazione e la volontà di descriverne la storia e il patrimonio di tradizioni e culture, è quello che lega "La Melodia di Vienna" e "Cent'Anni di Solitudine".
"La Melodia di Vienna" fu pubblicato nel 1944, in America, dal quasi sconosciuto scrittore ceco Ernst Lothar Müller (1890-1974), molto attivo nella scena viennese e amico dello scrittore e drammaturgo Stefan Zweig.



Müller ripercorre la storia e la vita della Vienna del 1888 al 1945, seguendone le vicende della ricca famiglia borghese degli Alt, costruttori di pianoforti, su cui in passato geni come Mozart e Beethoven hanno suonato. La Vienna del grande impero austro-ungarico, delle follie mondane della Belle Epoque, dei grandi nomi da Hayden a Freud, gli ultimi anni del regno di Francesco Giuseppe, rivive nei matrimoni, morti e nascite della famiglia, resistendo alla violenza del regime nazista con il rispolvero dell'antico "risveglio" austriaco e di valori quali la libertà di pensiero.

Un viaggio lungo cento anni è quello narrato dal Premio Nobel per la Letteratura Gabriel García Márquez in "Cent'Anni di Solitudine", interpretazione metaforica della storia della sua terra natia, la Colombia, più e più volte descritta nelle opere.
Pubblicato nel 1967 il capolavoro che diede un riconoscimento mondiale al suo autore, inizia in una indefinibile età dell'oro, nell'universo primitivo e surreale del villaggio di Macondo nel XIX secolo, dove la famiglia dei Buendia, composta da bel ventiquattro esistenze, assistono al crescente progresso del loro mondo, privato e sociale. Coniugando eventi storici a fatti miti e leggende locali, ove il magico ha una grande funzione simbolica; Márquez compone una delle saghe famigliari più belle e potenti della letteratura.


Un romanzo che vi invito a leggere, poco conosciuto è vero, ma che ho enormemente amato come pochi è "Una Vita Diversa" (2002), della scrittrice irlandese Catherine Dunne (1954).
Sempre attenta alla tematiche femminili, la Dunne ricostruisce con maestria l'Irlanda tra il 1886 e il 1906, quella divisa tra pro Gran Bretagna e quella libera, dove tra tumulti e scontri si affacciano le vite di due nuclei famigliari, due diversi ceti sociali. Quella benestante delle sorelle Hannah, May ed Eleanor e le sorelle meno abbienti Mary e Cecilia, in lotta tutte e cinque per la propria indipendenza, in un'epoca di difficile realizzazione per una donna. Solo il personaggio di Eleanor riuscirà dopo aver infranto regole e convenzioni, a costruirsi finalmente "una vita diversa".


Un grande affresco nella Sicilia del Settecento è quella riportata dalla scrittrice italiana Dacia Maraini (1936), nel romanzo "La Lunga vita di Marianna Ucrìa" edito nel 1990 e vincitore del Premio Campiello.


Ispirata da una vera cronaca famigliare, Marianna Ucrìa è la storia di una nobile palermitana sordomuta, il cui destino la porta a vivere una condizione diversa da quella di tante altre nobili fanciulle dell'epoca. Nell'ambiente chiuso e bigotto della sua cerchia famigliare, Marianna riesce ad istruirsi, amare i libri, e le nuove filosofie che stanno entrando nella vecchia Palermo : un ancien régime imposto dagli uomini e subìto dalle donne dagli abiti troppo ricchi e troppo pesanti e desideri sacrificati. Il lettore la segue attraverso il matrimonio, le nascite dei figli e dei nipoti, esplorando il ruolo di moglie, madre in ultimo donna, capace di slegarsi dalle convenzioni ma non raggiungendo la piena libertà.



Caso letterario in Italia nel 1958 fu la pubblicazione de "Il Gattopardo", fortemente voluto dallo scrittore Giorgio Bassani. Il successo dell'opera culminò l'anno dopo con la vincita del prestigioso Premio Strega; l'autore, Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), di nobile famiglia palermitana, scrisse questa saga famigliare poco prima di morire, ispirandosi alle proprie vicende famigliari.
Ambientato in Sicilia, all'epoca dello sbarco dei Mille e del trapassato regime, il libro si incentra sulla figura del principe Fabrizio Salina, un aristocratico illuminato e sulla sua famiglia alle prese con la rassegnazione della fine della loro autorità e prestigio.
Amara visione della realtà politica e sociale della Sicilia ottocentesca  e del primo Novecento e del fine di un sogno a lungo vagheggiato, Tomasi di Lampedusa affronta il fatale decadimento degli uomini e dell'ordine delle cose.


Altra saga famigliare che vinse il Premio Strega nel 1963 fu "Lessico Famigliare" gioiello-capolavoro della scrittrice Natalia Ginsburg (1916-1991), scritto negli anni della rinascita economica italiana.
Più che un'autobiografia, "Lessico Famigliare" è un memoriale sulle vicende personali e storiche della sua autrice che vanno dagli anni del Ventennio fascista fino ai primi anni Cinquanta.
I Levi, famiglia della Ginsburg, vengono ricordati mediante il proprio mondo intimo e riservato, fatto di comportamenti, abitudini, aspetti puramente quotidiani, caratterizzati secondo una originale rievocazione di comunicazioni linguistiche intercorrenti nel nucleo famigliare, da cui deriva il titolo del libro. Figure di scrittori intellettuali, artisti ed eventi si avvicendano senza ordine cronologico, dove nonostante i duri anni del fascismo, le privazioni e il dolore della perdita del marito, tutto è raccontato con delicatezza ed eleganza. Forse ancora più di memoriale "Lessico Famigliare" è un'occasione riuscita di fissare per sempre nella scrittura ricordi ed espressioni di un mondo caro e lontano.

"... mi riproponevo sempre di scrivere un libro che raccontasse delle persone che vivevano, allora, intorno a me. Questo è, in parte, quel libro : ma solo in parte, perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito."









M.P.

Commenti

  1. Ciao Michela, un bellissimo post, complimenti. Amo molto le saghe famigliari e in effetti ho letto quasi tutte quelle di cui hai parlato e sicuramente non mio farò mancare le due o tre che mi mancano. Ancora complimenti, a presto.
    Antonella

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    1. Grazie Antonella! Anche io devo debbo recuperare alcune che mi mancano.

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  2. Faccio parte di coloro che amano le saghe, anche nella letteratura fantastica: potrei dire che, nel mio caso, agisce una sorte di contaminazione che inizia con i grandi cicli epici dell'antichità. Bel post, complimenti!

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    1. Purtroppo devo dire che sul fantasy sono completamente a digiuno... Di quelli epici dovrei recuperarne qualcuno.

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  3. Splendido articolo Michela, adoro le saghe familiari! Sebbene ogni tanto senta la necessità di metterle un po' in pausa e leggere qualcos'altro (ma questo mi capita in generale con molti generi letterari, o autori, non riesco a leggerli sempre di fila). I libri che citi sono tutti dei grandissimi classici. L'unica cosa, se posso, accanto a Marquez avrei aggiunto anche La casa degli spiriti della Allende :) Anche questo romanzo merita tantissimo!

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    1. Hai fatto bene a citare la Allende... E'una scrittrice che non ho mai conosciuto, ma "La Casa degli Spiriti" penso sia un'opera di grande bellezza.

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  4. Non e' stata nominata purtroppo la saga dei Poldark di Winston Graham.....

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    1. Mi scuso Mandy! Purtroppo non conosco bene questa saga, ma mi informerò, anzi grazie per la tua citazione!

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