"Ognuno Muore Solo", la banalità del bene di Hans Fallada


"[...] se avessimo avuto un uomo che ci avesse detto : dovete agire così, questo o quello è il nostro piano. Ma se ci fosse stato un uomo simile in Germania, non avremmo mai avuto un 1933. Così abbiamo dovuto agire ognuno per conto suo, e siamo stati presi uno per uno, e ognuno di noi morrà solo. Ma non per questo siamo soli, Quangel, non per questo moriamo inutilmente. A questo mondo nulla accade inutilmente, e poiché combattiamo per la giustizia contro la forza bruta, saremo noi i vincitori, alla fine."


"Lettere da Berlino" (2016), di Vincent Pérez, basato sul romanzo di Fallada

Leggere Hans Fallada è stato un caso. Fra i miei "vizi" di lettrice c'è sempre stato quello di informarmi profondamente sull'autore del libro in lettura. Così leggendo "Cassandra" di Christa Wolf ad inizio anno, scoprii che la scrittrice tedesca aveva a lungo studiato un vecchio e dimenticato collega, Fallada appunto.
Andai a cercarlo e con esso uno dei suoi romanzi in cui, devo essere sincera, mi colpì a riguardo una frase di Primo Levi "il libro più importante che sia mai stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo". 
"Ognuno Muore Solo" era basato su una storia vera, una rielaborazione letteraria dell'inchiesta della Gestapo che portò alla decapitazione di due coniugi berlinesi nel 1944.
Il successivo passo alla lettura è stato un atto naturale.
Per esperienza personale cerco di non celebrare questa o quella casa editrice, ma per quest'opera devo fare un'eccezione, vista la cura e lo studio che la Sellerio ha riposto in questo libro, tale da renderlo due volte un capolavoro.


Rudolf Ditzen, in arte Hans Fallada, nacque nel 1893 presso una famiglia tedesca agiata, proveniente da una di quelle belle cittadine affacciate sul Baltico. Non fu uno scrittore molto amato dalla sua nazione, forse nemmeno ora; l'America, dal 2002, si preoccupò di riscoprirlo e pubblicarlo.
Certo la sua figura così boderline non lo aiutò a farsi apprezzare di più.
Problemi psichici, un casuale omicidio in giovinezza, alcol, morfina, caratterizzarono una vita disordinata che si alternò a momenti di prolifico genio letterario.
Forse a Fallada non fu perdonato il fatto di non aver abbastanza lottato contro il regime nazista, di non essere fuggito come Mann o Zweig dagli orrori, né come loro intavolato accese oratorie contro.
Eppure questo scrittore divenne il più significativo esempio di quante, indefinibili presenze oscure potessero albergare nell'animo di un uomo qualunque e persino negli eroi.
"Ognuno Muore Solo" scritto ventiquattro giorni prima di morire nel 1947, doveva essere il romanzo del riscatto, da tutte quelle voci insinuanti e colpe attribuitegli.
Durante la ricostruzione, Fallada entrò in possesso di un fascicolo della Gestapo riguardante l'atto di resistenza di una coppia tedesca, Otto e Elise Hampel che dal 1940 al 1942 disseminarono nella parte nord di Berlino, in tutto duecentosettantasei cartoline, su cui avevano scritto frasi contro Hitler e il suo sistema. La coppia voleva rivelare quello che in realtà i più già conoscevano.
Il pregio dell'opera fu non soltanto nel raccontare ancora una volta, l'esistenza, in quegli anni bui, di tentativi di resistenza da parte del popolo tedesco, ma di più quella di descrivere la realtà tedesca, che proprio come quella ebraica, non era immune da paure e morte.
Pubblicato nel 1947, Fallada non poté assistere al riscontro del suo romanzo.


Nella Jacolbstrasse di una Berlino sette anni dopo l'ascesa politica di Hitler, Otto ed Anna Quangel, un operaio presso una ditta di mobili, l'altra una mite casalinga, ambedue di mezza età, ricevono la notizia della morte del loro unico figlio, avvenuta in guerra.
La Francia ha capitolato, il potere del dittatore ben saldo nelle sue redini, sullo sfondo una Germania in preda ad una incontrollata isteria, di spavento, minacce, morte e turpitudini. Il nazismo sembra una incessante catena di montaggio pronta a sopprimere chiunque vi cada dentro.
Otto ed Anna Qungel, dapprima sostenitori del sistema, con la morte in casa, cominciano ad intravedere le bassezze e atrocità.
Loro, piccoli e innocui topolini, decidono di comune accordo, di dar fastidio al "grosso elefante", per accellerarne la caduta.
Fornendosi di carta e penna, iniziano il loro progetto di scrivere su delle cartoline, filippiche contro Hitler e la sua ideologia, che lasciano poi di soppiatto neglia androni o sui davanzali delle finestre di uffici o abitazioni private, dove la gente più si accalca, sperando che esse possano passare di mano in mano e giungere ad una ribellione unitaria.
Nella monotonia domenicale, i Quangel trovano in questo espediente un'affinaità coniugale prima non trovata. Le cartoline si moltiplicano, arrivando ad un numero di duecentosettantasei, eppure nonostante la buona causa, il progetto cade nell'indifferenza e nei timori delle persone.
La Gestapo, dopo le prime indagini superfiaciali, assegna l'incarico al commissario Escherich che con paziente intelligenza punta le bandierine sulla mappa nelle zone dei rinvenimenti.
Aspetterà due anni per assistere al crollo dell'ultima, piccola umanità rimasta nell'uomo.

È sempre difficile buttare giù una recensione su un romanzo che abbiamo amato e che tanto ci ha insegnato. È dai tempi di "La Donna che amò Hitler" di Angela Lambert che non leggo un libro così dettagliato sul nazismo e il popolo tedesco.
Sì, perché indipendentemente dalla storia dei Quangel, "Ognuno Muore Solo" è un romanzo corale; un castello di personaggi che durano nella brevità di poche pagine, addirittura di poche righe : prendono con prepotenza la scena, per poi defilarsi definitivamente, ma per il lettore è impossibile diementicarli.
Delinquenti, accattoni, medici, avvocati, attori, ognuno in lotta contro il prossimo, per sopraffarlo, a vantaggio della propria sopravvivenza.
Figure inquiete, disadattate, trovano conforto nella morfina, nell'alcol e per tutti c'è una vita o una morte solitaria.
Fallada tra il romanzo e la veridicità storica, mostra un dettagliato disegno della società tedesca sotto la Seconda Guerra Mondiale : dagli alti gerarchi nazisti, idioti senza alcuna intelligenza, alla Gestapo, i borghesi, gli operai ubbidienti verso un fine assurdo, seguaci di un Dio tediato.
Mano a mano che la guerra va avanti, nella ditta di Otto non si costruiscono più bei mobili d'arredo resistenti ma bare; un'officina di morte.
Ho apprezzato come viene sdoganato il mito di un popolo tedesco forte e benestante. La popolazione pagava alte tasse per il "bene" del partito e in maggior misura nel periodo bellico e in quanto a sicurezza personale, passare da libero cittadino a sospettato non era poi una realtà così lontana : il totalitarismo prende la libertà, le vite e cosa di cui ben poco si parla, porta una nazione ad un declino dei valori morali e sociali.

"I pensieri sono liberi, dicevano, ma avrebbero dovuto sapere che in questo Stato nemmeno i pensieri erano liberi."

Hans Fallada

Agli antipodi, Fallada porta avanti l'unico "vero bene", quello dell'integrità dei Quangel che non abbassa il capo davanti a nessuna paura o nefandezza, mostrando il coraggio che solo colui che è giusto e virtuoso può possedere.
Lo scrittore tedesco racconta l'impresa dei protagonisti come semplice, ingenua, prevedibile, visti anche i numerosi errori ortografici che la coppia fa nelle composizioni e in più ci dice che questi hanno fallito completamente. La preghiera dei Quangel è rimasta inascoltata. Ma chi può dirlo?
Chi può dire se fra anni o secoli, tutto questo non serva comunque da esempio?
Fallada ribadisce che quel che accade non accade inutilmente. E i sentimenti, la libertà, l'amore, si possono raggiungere solamente con il lavoro, in noi stessi e per gli altri, che l'unità può far fallire ogni oppressione.

"[...] laddove in Eichmann in Jerusalem (1963) Hannah Arendt disseziona e analizza la banalità del male, Ognuno Muore Solo di Hans Fallada comprende e celebra la banalità del bene." Geoff Wilkes

"Il ragazzo non disse nulla e quando vennero le giornate di piena estate e incominciò la mietitura dell'avena, il ragazzo se ne andò anche lui per i campi con la sua falce... Perché bisogna anche raccogliere quel che abbiamo seminato, e il ragazzo aveva seminato una buona semente."



M.P.






Ebook :

"Ognuno Muore Solo", H. Fallada, Sellerio

Commenti

  1. Interessante, questo lo metto in lista. Se perfino Primo Levi l’aveva definito il libro più importante sulla resistenza tedesca al nazismo, penso valga la pena leggerlo. E poi magari guardare anche il film.

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    1. Sicuramente Alessandra, è un libro che mi ha aperto la mente su molti fronti, non solamente quello prettamente storico. Meriterebbe più celebrazioni.

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  2. Anche per me è stata fondamentale la frase di Primo Levi, e da lì la curiosità e successiva consapevolezza di aver letto un libro immenso. Pensavamo che tutto il popolo tedesco fosse cieco, ma non è cosi, per fortuna, chissà quanti signori Quangel ci sono stati e chissà quanti altri Ragazzi della Rosa Bianca si sono ribellati al sistema. Come diceva Anna Frank c'era del buono in cui credere, anche allora.

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    1. È molto bello quello che hai scritto e spero che questi libro di Fallada sia più conosciuto.

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  3. Amato moltissimo, non si legge tutto d'un fiato, ogni pagina sedimenta e resta dentro.

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    1. Veramente, dovrebbe essere più preso in considerazione in letteratura.

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